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26 marzo 2016

MyNewGreatStory: La Pittura digitale agli albori della Pixar

“It works!.”
(Richard “Dick” Shoup)

Dipingere significa rappresentare attraverso linee, colori e forme ciò che vediamo con i nostri occhi. Immersi nel mondo digitale possiamo disegnare con nuovi mezzi, col mouse o la tavola grafica o con il nostro dito su di un tablet. Tutto ciò è possibile grazie ai software di pittura e foto-ritocco che processano il nostro gesto in tanti pixel all’interno di una griglia o in solidi geometrici vettoriali.


Questa ricerca per simulare il tratto, per colorare o per modificare un’immagine risale agli anni della rivoluzione digitale in California. Richard “Dick” Shoup, fu tra i primi a rivoluzionare il campo del video digitale. Iniziò il suo percorso al PARC, il centro ricerca Xerox di Palo Alto, dove nacquero il mouse, le interfacce a finestra, l’ethernet, e molti altri strumenti che oggi utilizziamo con il computer.


Xerox Alto




Nell’aprile del 1973, durante il debutto del primo prototipo di Xerox Alto, Shoup sviluppò nel suo ufficio nuove tecniche per il video digitale. Seduto di fronte ad una video camera in bianco e nero, collegata ad un mini-computer di laboratorio, registrò il primo video digitale creando un semplice frame buffer, cioè una memoria all’interno della scheda video dove venivano immagazzinate le informazioni per rappresentare un fotogramma sullo schermo. All’interno di questo frame buffer erano contenute le informazioni sul colore di ciascun punto dello schermo, in questo caso in bianco e nero. In seguito ampliò il suo frame buffer per la gestione del colore e registrare video da qualsiasi sorgente come il laserdisc o il VHS. Il computer, una volta memorizzato il video nel frame buffer, poteva essere comandato da un programma di editing d’immagine, chiamato “SuperPaint”.

Dick Shoup
SuperPaint 
Il Framebuffer
“SuperPaint” fu rivoluzionario, semplice e intuitivo, dotato di un'interfaccia grafica con una mappatura colore di 256 colori selezionabili, una tavolozza di pennelli a dimensioni variabili, trasformazione immagine, file di input e output e la possibilità di utilizzare una tavola grafica con una penna. Insomma ciò che troviamo oggi nei programmi di disegno digitale. Purtroppo, Bob Taylor, capo dei ricercatori informatici al PARC, pur vedendo le grandi potenzialità di questo programma, non ebbe intenzione di integrarlo nello Xerox Alto, il computer da ufficio della Xerox, visto che la visione d’azienda era quella di costruire computer integrati per l’ufficio assieme a stampanti laser e server che mandassero e ricevessero email grazie alle reti ethernet Altos. “SuperPaint” non poté dunque rientrare in questa idea perché il mercato dell’editing digitale non era ancora sviluppato ed il computer era solo visto come un business da vendere per migliorare la vita degli impiegati all’interno degli uffici.





Nel 1974 Shoup continuò lo stesso ad ottimizzare il suo nuovo sistema pur non avendo grandi sostenitori, fino all’arrivo di un brillante giovane matematico, Alvy Ray Smith. Laureato con una tesi sulla teoria degli automi, professore associato alla New York University, dopo un incidente sugli sci, Smith si spostò in California per trovare una cattedra di insegnamento a Berkley. Fu invitato dall’amico Shoup nel PARC per mostrargli i suoi nuovi sviluppi con la pittura digitale. Smith rimase sconcertato e allibito dall’abilità di creare immagini digitali a colori con un computer. Pensò dunque di aiutare Shoup. L’apporto di Smith fu quello di aggiungere all’RGB (Red, Green, Blue) il canale HSB (Hue, Saturation, Brightness). Il programma (link) prima di questa integrazione, creava colore mescolando il rosso, il verde ed il blu come un televisore di casa. Con questa trasformazione l’artista poté avere una tavolozza colori ancora più ampia. 

Alvy Ray Smith 

Smith creò un video animato dal titolo “Vidbits” (link), una collezione di esperimenti artistici utilizzando l’intera gamma di 256 colori (8 bit per pixel). L’animazione fu ottenuta registrando il programma su una videocassetta, costruendo le animazioni in tempo reale. Alcune animazioni invece furono realizzate frame by frame, registrate su laserdisc e poi trasferite su videocassetta. Per realizzare un personaggio che camminava all’interno di uno spazio virtuale, prese spunto dal libro “Advanced Animation” (1947) di Preston Blair, l’animatore Disney che animò gli ippopotami e gli alligatori ne “La Danza delle Ore” in Fantasia (1940). L’amico Dell Washington contribuì invece a digitalizzare la sua faccia per alcuni esperimenti. Per dare pathos a questo esperimento visivo utilizzò il brano musicale “The Planets” di Gustav Holst senza sincronizzarlo con le immagini. Questo video portò fortuna ad Alvy Ray Smith perché entrò a far parte dell’avanguardia artistica della video art newyorkese a metà degli anni ’70.






Shoup sempre nello stesso anno creò assieme al futuro socio Damon Rarey alcune animazioni per la serie televisiva della PBS “Over Easy”. Ma poco dopo la Xerox smantellò tutto il suo lavoro e sia Shoup che Smith dovettero trovarsi un nuovo lavoro. Shoup nel 1978, trasportò l’intero sistema, nel centro ricerche NASA di Mountain View costruendo alcune animazioni che illustravano la missione pionieristica su Venere per il programma TV della NASA. Nel 1979 Shoup fondò una nuova azienda chiamata “Aurora Systems”, un nuovo sistema per grafica e animazione chiamato "Aurora/100". 





Aurora/100
Smith nel 1975 cominciò a cercare un altro sbocco per le sue nuove idee nel campo digitale. Si informò dai suoi ex colleghi che nel 1974, un certo Jim Blinn, nella comunità informatica della University of Utah, inventò un nuovo sistema di painting a 8 bit con un frame buffer della Evans and Sutherland. Smith era interessato a quel frame buffer, il componente principale dei suoi studi di painting, ma l’università gli comunicò che era stato tutto smantellato e venduto ad un milionario di New York, Alexander Schure, colui che gli avrebbe nuovamente cambiato la vita, fondando il nuovo dipartimento tecnologico informatico di New York, l’NYIT.

Jim Blinn
Alexander Schure
NYIT
Smith all’’NYIT conobbe Ed Catmull, il quale scrisse nel 1979 grazie ad un computer PDP-11 il programma di animazione “TWEEN” che generava e manipolava forme e personaggi, utile per la gestione degli in-between (le intercalazioni). In ogni momento l’artista poteva rivedere gli in-between, modificandoli con una penna grafica.

Ed Catmull

Animazione realizzata col software "TWEEN"
Tra il 1975 e il 1976 Smith creò assieme all’amico David DiFrancesco un nuovo sistema a 8 bit chiamato “Paint" grazie ad un frame buffer della ditta Evans & Sutherland successivamente chiamato “BigPaint” in seguito “Paint3". Fu il primo sistema di pittura digitale ad avere 16,7 milioni di colori a 24 bit. Questo permise l’utilizzo di un aerografo e di sormontare più di una immagine inclusa la trasparenza. Oltre a questo nelle versioni successive si poté variare l’opacità del pennello e il mescolamento dei colori. Fu poi venduto alla AMPEX nel 1976.


David DiFrancesco
Nel 1979 Alvy Ray Smith utilizzò il suo programma “Paint" assieme all’artista Ed Emshwiller per realizzare il corto Sunstone (link) all’NYIT. Emshwiller era innamorato della tecnologia e assieme a Smith in 6 mesi costruirono una piccola opera d’arte di 3 minuti, un viso tridimensionale che attraversava un muro, un video espressionista, esposto al MoMA lo stesso anno. 

Ed Emshwiller 
Alvy Ray Smith e Ed Emshwiller 

Nel 1980 Richard Taylor implementò il "PaintBox", un sistema a 24bit prodotto dalla compagnia inglese Quantel, il primo sistema ad implementare un acceleratore hardware per il digital painting per la stampa e il cinema.



Dopo l’acquisizione da parte di Lucas di Smith e Catmull, nel 1981 Smith assieme all’ingegnere Tom Porter nella appena nata Lucasfilm Computer division, implementò gli sforzi in un nuovo sistema di pittura a 32 bit (RGB+alpha channel), chiamato sempre “Paint", disegnato apposta per l’utilizzo cinematografico. Porter fu molto preciso e attento nel realizzare un software che si curasse della risoluzione dell’immagine, della fedeltà del colore e dei problemi di anti-alias.

Tom Porter 


Lucasfilm Computer Division
Pixar 1986 
Pixar 1989
Il gruppo della divisione computer della Lucasfilm testò questo sistema quando la ILM non riuscì a realizzare con i metodi tradizionali la scena “Genesis Effect” per il film Star Trek II: L’ira di Khan (1982) di Nicholas Meyer (link backstage). Smith assieme a Bill Reeves, Tom Duff, David DiFrancesco, Loren Carpenter, Rob Cook e Jim Blinn guidò la creazione di una sequenza spettacolare che usava tutto il loro talento e le tecniche più avanzate per visualizzare movimenti folli e impossibili per una macchina da presa reale soggetta alle leggi della fisica, soprattutto perché il soggetto era un pianeta nella sua evoluzione. Il matte painter Chris Evan della ILM usò il sistema di pittura per creare lo sfondo e la morbidezza delle nuvole che apparivano sul pianeta. La scena infatti combinava più tecniche, frattali, texture mapping, effetti particellari, anti-alias, matte painting digitale e compositing. Fu la prima volta per la Lucasfilm che venne usato il digital paint system per una produzione cinematografica. In seguito fu utilizzato anche per gli effetti speciali dell’uomo di vetro per il film “Young Sherlock Holmes” 1986 di Barry Levinson.




Nel 1983, Alvy Ray Smith ed il suo gruppo fece ulteriori sviluppi ricostruendo la veduta da Point Reyes, il capo più prominente vicino alla baia di San Francisco. Realizzarono il paesaggio con poligoni, frattali, particelle e una varietà di modelli procedurali creati separatamente e mescolati in seguito. In questo lavoro ognuno nel gruppo aveva un compito specifico: Loren Carpenter usava i frattali per la montagna, le rocce e il lago e costruì un programma che ricreasse l’atmosfera per il cielo e la foschia; Rob Cook ideò il concetto d’immagine e ne progettò la strada, le colline, la recinzione e scrisse la texture mapping, studiando la teoria degli arcobaleni; Tom Porter fornì la texture per le colline e scrisse il software di “compositing” (ossia la combinazione di elementi visivi provenienti da fonti separate in singole immagini, per creare l’illusione che tutti questi elementi provenissero dalla stessa scena); Bill Reeves usò i suoi sistemi di particelle per l’erba e scrisse il software di modellazione; David Salesin mise le increspature alle pozzanghere; Alvy Ray Smith progettò e costruì un nuovo software per le piante e i fiori. Lo stesso anno fu implementato il nuovo software di renderizzazione “REYES” (Renders Everything You Ever Saw) oggi l’attuale RenderMan, utilizzato per il rendering di ogni progetto prodotto dal gruppo fino al 1988. 





Nel 1984, Loren Carpenter pubblicò sulla rivista Science un primo esempio di foto-realismo dinamico con l’utilizzo del motion blur: l’immagine rappresentava un dettaglio di un tavolo da biliardo con delle biglie da carambola. 



Tra il 1985 e il 1986 Mark Leather implementò “Layer Paint", un programma a 32 bit sul Pixar Image Computer e nello stesso anno Thomas Knoll, uno studente presso l'Università del Michigan, iniziò a scrivere un programma sul suo Macintosh Plus in bianco e nero chiamato “Display”. Egli catturò l'attenzione di suo fratello John Knoll che lavorava alla ILM, che chiese al fratello di adattare le funzioni incluso il painting in un programma di fotoritocco di immagini a 24bit chiamato “Photoshop” venduto qualche anno dopo ad Adobe.

Pixar Image Computer




Tra il 1986 e il 1988 Alvy Ray Smith assieme a Tom Hahn, uno dei soci di Aurora con Shoup, Michael Shantzis, e Peter Nye implementarono il CAPS (Computer Animation Production System), un sistema di animazione digitale, incluso inchiostrazione, pittura, compositing e animazione a rodovetri digitali su un Pixar Image Computer nella neonata Pixar su contratto Disney. L’idea era quella di sostituire tutto il processo tradizionale di creazione di disegni da animare con l’equivalente in digitale: gli animatori, gli assistenti e gli intercalatori disegnavano a mano su fogli di carta; poi, attraverso uno scanner, ogni frame veniva importato in digitale, ripulito dalle imprecisioni e riempito di colore, aggiungendo infine ombreggiature e trasparenze. Ogni strato, ogni livello di lavoro era inserito su una timeline, ossia nella sequenza degli eventi da animare in senso cronologico, unito agli sfondi dipinti (background). Il CAPS sostituì completamente il banco analogico di animazione per comporre insieme rodovetri e background (detto “multiplane camera”), creando così un banco e una camera virtuale capace di far sviluppare una maggiore tridimensionalità ed elasticità all’immagine. La major di Topolino acquistò interamente il nuovo sistema per iniziare a produrre digitalmente i suoi film. 



Tra il 1990 e il 1991 Smith scrisse un nuovo software chiamato “Composer” a 32 bit, un nuovo sistema di digital painting che usò per fondare una sua nuova società, “Altamira Software”, dopo la sua uscita da Pixar. Il sistema integrava l’anti-alias e fu utile a Microsoft, una volta acquisita, nella crescita grafica per “Microsoft Image Composer” e “Photo Draw 2000”. 



Sia Shoup che Smith furono premiati per la ricerca nel campo della pittura digitale. Nel 1983, il capo tecnico Sandy Campbell e Richard Shoup vinsero un Emmy per l’innovazione nel campo della grafica televisiva. Alvy Ray Smith fu premiato due volte dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences per il contributo scientifico, per la composizione dell’immagine digitale (1995) e per i sistemi di pittura digitale (1997). Nel 1990, Shoup e Smith ricevettero l’ACM SIGGRAPH Computer Graphics Achievement Award per lo sviluppo di “SuperPaint”.




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