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6 ottobre 2012

MyNewGreatStory. Lettera a Steve Jobs

Da sinistra, Ed Catmull, Steve Jobs e John Lasseter
Turleneck nero, jeans e scarpe da ginnastica, occhiali circolari, ma soprattutto sguardo intenso verso il pubblico. Sui giornali, sulle copertine del Time, nel mio Mac, ai tuoi keynote, così ti ricordo, Steve. Ogni volta, presentavi al mondo la cosa che avevi amato di più e ideato con il tuo team di lavoro, e ci stupivi, come un illusionista, con le grandi potenzialità dell’oggetto che stavi utilizzando. Volevi cambiare il mondo. Volevi far pensare differente. Volevi farci diventare foolish & hungry. Volevi farci vivere qualcosa di grande e di emozionante. Volevi insegnarci la semplicità e il gusto del bello, e al tempo stesso l’unione tra razionalità e irrazionalità. Volevi vivere il presente guardando al futuro. Questo eri e questo pensavi. Tu sei stato il mio mito e questo non lo dimenticherò facilmente. Tu mi hai insegnato ad essere tenace, a pensare al futuro pur vivendo al massimo il presente, a cambiare mentalità nel segno dell’intelligenza, a far sognare gli altri con idee, progetti ed oggetti mettendoci un’anima. Tu mi hai fatto capire quanto fosse fondamentale e importante amare quello che si faceva nella vita, il proprio lavoro e la propria famiglia, facendo sempre più esperienza, ricerca, battendosi con tenacia nelle proprie idee. In questi mesi ti hanno lodato, denigrato, amato, odiato, venerato e persino fatto risorgere grazie al disegno animato. Ma io non ti ho mai dimenticato.

La tua storia fa riflettere ogni volta che la rileggo. Adottato, ribelle e arrogante verso il mondo, ma ragazzo intelligente e intraprendente verso il futuro che ti aspettava. Hai inseguito il tuo istinto, la tua passione, dal corso di calligrafia al Reed College che ti ha fatto capire cosa significassero ragione, bellezza e prospettiva, hai viaggiato con la mente nel mondo hippie, influenzato dalle parole di Bob Dylan e dei Beatles, i tuoi veri miti. Hai capito col tuo viaggio in India, quanto fosse importante meditare e quanto fosse importante la religiosità della natura che ci appartiene, ma soprattutto cosa fosse la bellezza. Cicerone avrebbe detto a riguardo:
“Non c’è nulla, in nessuna cosa, tanto bello, di cui non sia più bella quella forma ideale donde deriva, come da un volto l’immagine, la nostra rappresentazione: il che non possiamo comprendere né con gli occhi né con le orecchie, né con alcuno dei nostri sensi, ma solo con l’immaginazione della nostra mente. ” 
Ogni giorno camminavi fra i prati di Stanford, riflettendo sulla via dell’innovazione e della esperienza e così hai fondato successi quali Apple, Next e Pixar, che sono l’unicum della vera ricerca di te stesso. Dalle interviste ai tuoi amici e nemici, si capisce che non eri certo un tipo tranquillo e accondiscendente, ma eri un perfezionista instancabile, un rompiscatole esperto e vivevi la tua realtà aumentandone le varie prospettive ad ogni persona che ti capitava di fronte, facendo in modo di distorcere per un attimo il presente, facendolo entrare nella tua mente. Fu vitale il tuo lavoro, la tua famiglia, tutti quelli che ti sono stati accanto durante la tua lotta contro la malattia.

Un anno fa ci lasciavi. Quella mattina, mi svegliò un messaggio che mi inviò l’amico Manuel con scritto: Steve è morto. Non sai quanto ho pianto quel giorno, come se avessi perso un amico. Ero attonito, distrutto. Molti miei amici mi chiamarono per sincerarmi che stessi bene e mi dissero di star tranquillo. Ma come potevo esserlo? Non esistevi più. Non potevi tornare indietro. Io non ho mai avuto il piacere di conoscerti di persona, ma mi sono avvicinato a te qualche mese prima. Un anno fa feci un viaggio memorabile in California con i miei due amici, Riccardo e Alberto. Visitammo, grazie all’amico Guido Quaroni, gli studi Pixar, il tuo edificio più personale, fino a Cupertino in Apple, e poi ci dirigemmo a Palo Alto. Quel giorno cercammo la tua via e ci avvicinammo al tuo cancello di casa immersa nel verde. Io avrei voluto consegnarti una t-shirt nera che posseggo ancora, ma una volta arrivato lì, capii che non era il caso disturbarti.
Su quella maglietta c’era stampata una scritta Something New in Mind che è la chiave della mia vita lavorativa a cui tengo di più. Dobbiamo pensare sempre qualcosa di nuovo nella nostra mente senza mai star fermi, ma sempre in movimento.
E per non dimenticarmi mai di questo, ogni mattina quando mi sveglio, vado in bagno, mi avvicino allo specchio e accanto ad esso c’è un piccolo quadretto che mi ricorda:
Ogni tanto la vita vi colpisce sulla testa con un mattone. Non perdete la fiducia, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il/la vostro/a fidanzato/a che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi. Se avete inseguito, state inseguendo o volete inseguire il vostro sogno queste parole vi faranno male. Dall’emozione che vi provocano.